Preparare l’originale Pinsa Romana: la lievitazione e la maturazione

Cucinare non è solo un’arte o un piacere, è anche e soprattutto scienza. E quando si parla di prodotti da forno, la chimica è l’ago della bilancia che definisce i migliori successi e i peggiori fallimenti.
L’arte della panificazione ha infatti alla sua base due processi che sono intrisi di chimica: la lievitazione e la maturazione dell’impasto.
Oggi vogliamo spiegarti più nel dettaglio queste fasi, perché contribuiscono a creare la giusta consistenza e l’alta digeribilità dell’originale Pinsa Romana.

La lievitazione

La lievitazione è il frutto di una reazione chimica, durante la quale i lieviti trasformano il glucosio presente nella farina in alcol etilico e anidride carbonica.
Sono questi due elementi a rendere l’impasto acido: per evitare che l’acidità si trasformi in un difetto organolettico, è fondamentale che il pinsaiolo sappia riconoscere il momento corretto per procedere con la stesura. La pallina dell’impasto deve essere gonfia al punto giusto e facilmente lavorabile, così che possa poi cuocere in modo ottimale raggiungendo una colorazione perfetta.
La lievitazione infatti incide non solo sulla digeribilità della Pinsa, ma anche sul colore del prodotto finale: un impasto non lievitato bene contiene troppi zuccheri e tende a colorarsi di scuro in cottura, mentre un impasto troppo lievitato, avendo meno zuccheri, assume solo una lieve colorazione.

L’importanza della temperatura

Quando si parla di lievitazione, è importante approfondire anche un altro argomento: la temperatura dell’impasto.
Sappiamo che i lieviti, all’interno dell’impasto, lavorano in modo ottimale tra i 26 e i 28 gradi.
Temperature più alte infatti neutralizzano gli agenti lievitanti, mentre temperature più basse la ritardano.
E come procediamo se il nostro lievito è surgelato? In questo caso è bene integrare la dose ottimale della ricetta con qualche grammo di prodotto in più: in questo modo andremo a compensare quegli agenti lievitanti che sono stati neutralizzati dalle basse temperature. 

La maturazione

Con una buona lievitazione ci siamo già assicurati metà del lavoro, ma il risultato ottimale lo raggiungiamo solo con una corretta maturazione, durante la quale lasciamo riposare le nostre palline d’impasto in frigo per più giorni.
In questa fase le componenti complesse dell’impasto si trasformano in semplici, garantendo così un prodotto finale più digeribile. Ora entriamo nel dettaglio del processo, ma non ti preoccupare: è davvero semplice da capire!
Le proteine e l’amido contenuti nella farina sono sostanze complesse, che rendono difficile la digestione. Se l’impasto prima della cottura viene lasciato riposare, al suo interno avvengono due importanti processi chimici: la proteasi e l’amilasi, durante le quali gli enzimi scompongono proteine e amidi in elementi semplici.
Questi due processi avvengono grazie alla presenza dell’acqua: nel caso della Pinsa Romana, l’impasto è molto idratato, favorendo la maturazione e garantendo così un prodotto finale davvero digeribile.

Un piccolo segreto del mestiere

Per riconoscere il grado ottimale di lievitazione e maturazione ci vuole sicuramente molta esperienza, ma ci sono due prove empiriche che possono aiutare anche chi è alla sua prima avventura con gli impasti.
La prima prova consiste nel verificare che le dimensioni della pallina risultino almeno raddoppiate o ancor meglio triplicate: questo è il segnale che si può procedere con la stesura.
La seconda prova è quella del dito: se ad una leggera pressione sulla pallina rimane l’impronta, l’impasto è pronto. Al contrario, se la superficie torna su, è meglio aspettare ancora. L’attesa, vedrai, sarà più che ripagata!

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